ARTE E IMPEGNO SOCIALE Il regista e fotografo irlandese Richard Mosse (1980, Kilkenny) tocca con il suo lavoro una delle tematiche che mi suscita da sempre grande interesse, cioè la relazione tra arte e impegno sociale. Il mio riferimento letterario per questo tema è sempre stato Jean Paul Sartre, il quale a partire dalla fine degli anni Quaranta sulla rivista Les Temps Modernes (Tempi moderni) ribadiva come lo scrittore dovesse essere “in situazione” con la sua epoca. Ovviamente la Seconda Guerra Mondiale aveva spinto molti intellettuali a prendere posizione sui fatti terribili che sconvolgevano il mondo di allora, facendoli interrogare sul senso e ruolo dell’arte di rappresentazione e sguardo sul presente. Bertold Brecht nella poesia An die Nachgeborenen (A coloro che verranno) dirà espressamente che “discorrere d’alberi è quasi un delitto, perchè su troppe stragi comporta silenzio! [” Ein Gespräch über Bäume fast ein Verbrechen ist, weil es ein Schweigen über so viele Untaten einschließt!”], a voler intendere che fin dalla scelta del soggetto da rappresentare l’artista compie un atto politico di impegno o di rinuncia.

POOL AT UDAY’S PALACE, SALAH-A-DIN PROVINCE, IRAQ, 2009 @Richard Mosse
L’impegno di Richard Mosse è quello di rappresentare la sofferenza umana e farlo meglio di quanto non sia in grado di fare la fotografia documentaristica o il reportage di guerra.
La sua ricerca estetica è finalizzata al raggiungimento di una maggiore chiarezza, dove l’arte riesce meglio di qualsiasi altra forma espressiva a trasmettere un messaggio di realtà.
TECNICA E MESSAGGIO La formazione universitaria nei Cultural Studies spinge Richard Mosse a riprodurre in fotografia e video una realtà molto razionale, direi quasi oggettiva. Nonostante le sue scelte originali di riportare i grandi temi di attualità (indicati dal sottotitolo della mostra “migrazione, conflitto, cambiamento climatico”) partendo dallo stile documentaristico per poi allontanarsene, il suo sguardo rimane a mio parere distaccato. Certo, c’è una precisa scelta soggettiva nel mostrarci ad esempio la vegetazione del Congo virata sul rosso (per effetto della pellicola a infrarossi), ma la tecnica non ha lo scopo di evidenziare il personale sguardo del fotografo, bensì quello di restituire la concrettezza di una guerra invisibile al normale sguardo umano. Nel breve filmato Quick (13′, un approfondimento sul percorso artistico di Mosse) l’artista sottolinea tutta la sua insoddisfazione per i suoi primi lavori. Tornato da un viaggio con delle foto in bianco e nero fu profondamente deluso dalla banalità e incapacità delle fotografie di riprodurre la drammaticità e i concetti di “assenza” del paese in guerra in cui si era recato. In un certo senso la scelta innovativa e soggettiva dell’utilizzo della pellicola infrared Aerochrome, e poi della termocamera militare (in grado di catturare immagini a una distanza di circa 30km) in Incoming (’52), diventano la soluzione tecnica a un problema etico: come far sorgere nell’osservatore la riflessione sul problema contemporaneo? Come alimentare “la domanda etica nella mente di chi guarda”? O per ritornare al lessico di Sartre: come fare un’arte impegnata?
DISPLACED – Migrazione Conflitto Cambiamento climatico
Mostra antologica dell’artista Richard Mosse curata da Urs Stahel presso Fondazione MAST (Bologna) dal 7.05.21 al 19.09.21